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Campane e salumi


Metti una calda serata di giugno a Milano (senza zanzare please), le grida dei bambini che si rincorrono nel parco accanto, le luci rosse della sera che giocano sui muri di un’antica fonderia, metti il suono delle campane e poi metti dei salumi….ecco questa è la serata a cui ho preso parte mercoledì presso la Fonderia Napoleonica Eugenia che ci ha svelato in anteprima questa nuova concezione dei salumi.



Partiamo dalla location: splendida, inaspettata, sontuosamente recuperata dall’incuria del tempo e degli uomini, insomma un’oasi di pace e di tranquillità in questa Milano “da bere” caotica e sempre in affanno. E non appena varchi l’ingresso di questa ex fabbrica ti sembra che il tempo si sia fermato, i rumori della città scompaiono e ti si materializzano davanti calchi di statue, mezzi busti, stemmi di famiglia, utensili, tutti testimoni di un’attività che non c’è più, questo è vero, ma che continua a vivere come luogo di lavoro, arte e cultura a testimonianza dell’operosità del passato e della sua originaria vocazione produttiva.


E poi la presentazione di questi nuovi salumi…devo confessare che nel momento in cui ho ricevuto l’invito un attimo di diffidenza ce l’ho avuto. Tra me e me mi dicevo come potesse essere possibile, per noi Italiani, cambiare la natura dei salumi….Da romana quale sono, per me la mortadella è quella che mangi all’interno di un pezzo di pizza bianca calda, che ti si scioglie in bocca e che ti fa fare pace con il mondo intero…. Come potessero cambiare la sua deliziosa natura rimaneva un mistero che mi è stato svelato. Dietro questo progetto ci sono i Grandi Salumifici Italiani (quelli di Casa Modena per intenderci) e c’è una joint venture con un’azienda greca, la Creta Farms, per lo sfruttamento di un processo produttivo che permette di sostituire i grassi animali naturalmente contenuti nei salumi con dell’olio extra vergine di oliva: da questo incontro nascono i Salumi del Frantoio. Ma al di là delle presentazioni e delle slide, il momento è arrivato di provarli per davvero. Personalmente ho testato il prosciutto cotto, la mortadella (e che ve lo dico a fare ;-))) ed il tacchino arrosto. Su prodotti poco sapidi come il prosciutto cotto ed il tacchino arrosto, l’aggiunta dell’olio conferisce quel tocco di “morbido” che non guasta, perché spesso, soprattutto quando mangiamo il tacchino arrosto che, non ce lo nascondiamo, sa di poco, il filo d’olio ce l’aggiungiamo d’ufficio. Il prosciutto cotto poi l’ho proposto ieri sera alla Nanetta e non ha fatto una piega: si è spazzolata le sue tre fette senza colpo ferire. Nel complesso non mi sembra che il fatto di aver sottratto della materia grassa ai salumi, sostituendola con dell’olio evo, abbia influenzato più di tanto la percezione finale al palato….saranno poi i consumatori, a partire dal prossimo mese di luglio, a giudicare ed a decretare il successo di questo nuovo prodotto che sicuramente ha il pregio di andare incontro alle esigenze di quanti, golosoni dalla nascita, non sanno rinunciare al piacere di una fetta di mortadella, ma devono fare spesso i conti con problemi di salute.
E poi dulcis in fundo, la visita alla scoperta dell’antica fonderia fatta con il proprietario, che è uno dei discendenti della famiglia Barigozzi, ci ha permesso di continuare a sognare in questa calda sera di giugno con una luna tutta rossa…..  
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Anche l’agricoltura a km0 ha i suoi Oscar….


Lo sapevate che esistono anche gli Oscar Green? Io sino a ieri no …..In realtà si tratta di un riconoscimento  attribuito dalla Coldiretti a quei giovani imprenditori con tanta  voglia di fare e di mettersi in gioco nell’ambito dell’agricoltura…..un settore che non è affatto marginale come molti potrebbero pensare, ma che custodisce le radici di un rilancio generale del Made in Italy in molti campi: dall’export alla cultura, dall’alimentazione ai servizi alla persona, dal turismo alla difesa dell’ambiente”.  E ieri sono stati premiati quei giovani che hanno portato avanti delle idee “agricole ed imprenditoriali” di successo, fatte di rischi, di sacrifici ma anche di risultati e di soddisfazioni….
C’è l’imprenditore dell’OltrePo Pavese che produce un Pinot Nero che finisce direttamente sulle tavole del lussuosissimo albergo a 7 stelle “La vela di Dubai” (Al Burj Al Arab).
C’è Davide Trombetta, di Cremona, che stufo del lavoro dietro ad una scrivania, nel 2000 ha mollato tutto e si è messo ad allevare caprette da latte, le Camosciate dell’Adamello, e che adesso utilizza il latte dei suoi animali per produrre formaggi, yogurt e budini. Davide ha un allevamento assolutamente eco-friendly infatti l’impianto di mungitura utilizza l’energia elettrica prodotta dai pannelli solari sul tetto della stalla.Credits: azienda Cantalupo
E poi ancora l’esempio dell’azienda Cantalupo in provincia di Bergamo che produce ortaggi bio, impiegando erbe selvatiche per attirare quei predatori naturali che poi contribuiranno ad eliminare i parassiti. I  consumatori responsabili possono fare la spesa di verdura comodamente su Internet, controllando in tempo quasi reale i prodotti disponibili e l’avanzamento delle coltivazioni. Inoltre la consegna a domicilio delle verdure è effettuata con un furgone a metano che rispetta l’ambiente.
E ancora l’oratorio a km zero a Monvalle (Varese), operazione promossa per quest’estate dal parroco.  I pasti dei ragazzi ospiti dell’oratorio estivi saranno realizzati con la pasta fatta a mano con farine e uova locali, carni, formaggi, pesce, verdure e frutta del territorio.
Mentre Jan Zecca (Sondrio) ha ripreso in mano il frutteto del nonno che coltivava kiwi per il mercato svizzero, ha costruito un punto vendita aziendale ed ha cominciato a trasformare i prodotti in confetture che adesso offre ai consumatori anche nei mercati di Campagna Amica.
E per finire la giovanissima Arianna Alessandra Albisetti che sulla terra dove il nonno aveva l’orto, ha deciso di piantare  erbe officinali, iniziando anche la produzione di miele.
Inoltre in occasione degli Oscar Green 2011 è stato firmato anche un protocollo d’intesa fra la Coldiretti e l’associazione Movimento Giovanile 1535 per la creazione di quattro “food corner del km zero” a Milano in zona Duomo, parco Sempione, giardini Montanelli e stazione Centrale per la distribuzione di snack e frullati da passeggio con i prodotti delle aziende agricole del territorio.



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Toto-menù per il royal wedding!

Credits: Afp.com
Pollo ripieno con mousse di agnello e poi crema di mais dolce, aragosta in salsa, condensato di crema: no, non sono i vostri incubi da indigestione alimentare post pasquale, si tratta semplicemente di una parte del menù servito in occasione del pranzo di nozze per Carlo e Diana nel 1981.Il protocollo vuole infatti che i pranzi reali siano composti da non meno di 10 portate anche se negli ultimi anni anche questo aspetto del rigido protocollo di corte sembra essere stato superato…..Nel 1999, infatti, il Principe Edward e la Contessa di Wessex hanno operato una scelta a dir poco audace optando per un buffet self-service, mentre il Principe Carlo ha fatto un ulteriore passo avanti, proponendo del finger food in occasione del  suo secondo matrimonio, quello con Camilla, nel 2005.A questo punto la domanda sorge spontanea: Kate e William, promessi sposi il 29 aprile prossimo, si atterranno scrupolosamente alla tradizione reale che vuole per le nozze di un futuro re un pranzo a dir poco faraonico oppure opereranno una scelta più giovane ed in linea con lo stile fresco della promessa sposa?In attesa di conoscere tutti i dettagli delle nozze del decennio, le illazioni si sprecano:  l’unica certezza è che il menù sarà rigorosamente british.
“Cerchiamo sempre di utilizzare ciò che è inglese” spiega Mark Flanagan, capo cuoco della Regina Elisabetta II, che però non si sbottona oltre su quello che mangeranno i 600 e passa ospiti.”Penso che avranno un blocco di Gleneagles, una terrina di trota, salmone e sgombro affumicato”, si sbilancia invece Darren McGrady, soprannominato “The Royal Chef” poiché è stato il cuoco personale della Regina Elisabetta II e della principessa Diana fino alla sua morte nel 1997.

“Poi vedrei bene una bistecca flambée con whisky, dell’agnello bio, proveniente direttamente dalla fattoria del principe Carlo, padre di William. Nel 1986, dell’agnello con salsa alla menta era stato servito alle nozze del principe Andrea e Sarah Ferguson”. Per quanto riguarda il dessert, lo chef si sbilancia dando per certa la presenza del flan di banana, uno dei dolci preferiti del principe William.
Ma sappiamo per certo che la mega torta di frutta farà il suo regale ingresso alla fine del pasto: è già stata ordinata alla celebre pasticcera Fiona Cairns, che annovera fra i suoi clienti anche l’ex Beatle Paul McCartney. Kate Middleton ha chiesto che la torta sia decorata con fiori e piante che simboleggiano la felicità (la rosa), la tenerezza (il giglio), ed il matrimonio (l’edera).Il menù sarà pure ispirato alla tradizione gastronomica inglese ma, come di consueto, sarà scritto interamente in francese……si tratta infatti di una tradizione che risale al tempo in cui in cucina tutti erano francesi……
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AUGURI ITALIA!


E’ vero sono nazionalista e non lo nascondo, anzi ne faccio un vanto: provate voi a vivere 7 anni in un paese, la Francia, profondamente sciovinista….io che ero partita dall’Italia malata di esterofilia, sono diventata con l’andar del tempo, nazionalista, più italiana degli italiani che vivevano in Italia, perché succede sempre così a chi vive per molto all’estero…..Oggi, giorno della celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, non poteva mancare un mio post sul tema: non vi proporrò l’ennesima ricetta biancorossoverde (il web pullula di questo genere di ricette), piuttosto aggirandomi in rete ho scoperto che molte aziende hanno reso omaggio a questa importante celebrazione con delle edizioni limitate di prodotti che usiamo tutti i giorni. Eccovi quindi una piccola lista :


Credits: Ferrero

Avete presente le Tic Tac, le mentine per eccellenza, ebbene anche loro si sono vestite a festa ed indossano i panni del Tricolore per un’edizione limitata. Nella scatolina da 100 confetti, c’è il gusto orange (confetto bianco), il lime (confetto verde) ed il cherry (confetto rosso). 

La città di Torino ha voluto rendere omaggio all’Unità d’Italia e lo ha fatto in modo dolcissimo creando un panettone che si chiama Camillo, come il conte di Cavour che tanto si adoperò per portare a termine l’Unità Italiana. Questo panettone è in vendita, a Torino, presso il panificio Perino definito da Reed Gourmet il miglior panificio del 2010, a poche centinaia di metri dal primo Parlamento italiano. Gli ingredienti sono 100% piemontesi: mele di Cavour, nocciole Piemonte Igp, cioccolato di Torino e marron glacé della Val di Susa.

Sempre in tema di dolcezze, Lazzaroni, celebre marchio di pasticceria, celebra questo evento con una latta, prodotta in soli 1861+2011= 3872 esemplari che contiene la classica pasticceria assortita: amaretti di Saronno, velieri, fior di frutta, wafer al cioccolato e altre tipologie di pasticcini.


Per i vegetariani poi, il marchio Dimmi di Si propone l’insalata del Tricolore, sfizioso melange di valeriana, riccia e radicchio rosso, disponibile sul mercato dai primi di marzo e per tutto il 2011.


E per chiudere il pasto in bellezza, Lavazza, altro noto marchio piemontese, lancia la tazzina tricolore in vendita nei punti vendita della città di Torino, compresi gli esercizi di Venaria e Officine Grandi Riparazioni, e presso i due official store Italia 150.

E se dopo pranzo il tempo si rimette (qui è tutto grigio….) e volete portare il pupo a fare una passeggiatina, allora non dimenticate questo splendido passeggino tricolore, anch’esso in limited edition della Brevi :-)))))))

AUGURI ITALIA!

PS: avete visto ieri sera lo show per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia? Presentato e condotto da Pippo Baudo e Bruno Vespa? Scusate ma cos’è? Il nuovo che avanza? Mandiamoli in pensione (anche perché in due fanno più di 150 ) e diamo spazio ad una ventata di aria fresca ;-))))
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Piccolo dizionario per amanti del bacon…..


La premessa per questo post è assolutamente d’obbligo: da buona “laziale” (nel senso di abitante del Lazio, anche se oramai abito a Milano….) il mio favore incondizionato va al guanciale….dite quello che volete ma il guanciale, anche in dosi minime, conferisce ai piatti un gusto unico. In assenza del guanciale, potrei rifarmi con la pancetta, ma il bacon figura all’ultimo posto nella mia scala di preferenze. Ora, aggirandomi in rete ho appreso, invece, che il gruppo dei sostenitori del bacon è nutrito, soprattutto fra gli abitanti d’Oltre Oceano (mi riferisco all’Oceano Atlantico) ed ho scoperto, con stupore, tutta una serie di “deliziose” invenzioni a base di bacon che vengo di seguito ad elencare. Iniziamo con il Torani Bacon Syrup :  uno sciroppo dolce e salato al tempo stesso, affumicato, che può essere usato praticamente sempre ;-)))) dal frullato al cocktail per conferire alle vostre preparazioni quel saporino di maiale che non guasta mai ;-))))) se poi lo mischiate alla Bacon Vodka allora il risultato è garantito! Ma passiamo al bacon in lattina: ovunque voi vi troviate (sulle Dolomiti oppure a Lampedusa), portate con voi la vostra dose quotidiana di bacon. In ogni lattina troverete infatti circa 50 fettine di bacon e, non ultimo, la lattina ed il suo contenuto si conservano per 10 anni!


Ci vogliamo dimenticare della Baconnaise? Scherzate? La maionnese al bacon che, secondo il sito che la produce, contiene meno grassi della normale maionese! E poi, sempre sullo stesso sito, troverete anche il sale al bacon ed i pop corn al bacon nel caso in cui, i pop corn simply salted vi avessero stufato ;-)))))

Ma siccome siamo delle persone pulite, l’industria del bacon saprà dare una risposta anche nell’ambito dell’igiene personale: ed ecco quindi per la gioia dei fanatici della pulizia dentale, il filo interdentale al bacon , e poi ancora il dentifricio (questo poi ci mancava proprio….), la saponetta al bacon e per labbra sempre morbide e profumate anche il burro di cacao.


Il massimo lo raggiungiamo con due prodotti assolutamente indispensabili: i cerotti a forma di fettina di bacon e per i fanatici dell’Arbre Magic, anche un bell’ Arbre Magic al profumo di bacon non guasta mai!
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SoyJoy, ありがとう (ndr si grazie)


Prendete della farina di soia integrale, aggiungete della frutta disidratata, un pizzico di zucchero, delle uova, burro q.b. e del latte in polvere: mescolate il tutto, fate cuocere in forno a 180° ed otterrete SOYJOY….


Vi starete chiedendo che cavolo di ricetta vi propino oggi ed invece vi sto parlando di un prodotto appena sbarcato dal Giappone che viene lanciato in questi giorni in contemporanea a Parigi, Milano, Barcellona, Madrid, Anversa e Bruxelles che si chiama SoyJoy. Si tratta di una barretta-snack, proposta in sette gusti diversi, prodotta da un noto marchio giapponese, che ha il pregio di combinare la soia e la frutta in un solo prodotto a basso contenuto glicemico e privo di grassi idrogenati. Io sono stata invitata alla presentazione-lancio ed ho avuto modo di gustare la barretta in tutte le sue sfumature accanto ad un esperto di alimentazione che mi ha fatto fare anche un viaggio sensoriale. Devo essere sincera e confessare che mi è piaciuta e che come spuntino spezza-fame di metà mattina o metà pomeriggio non è male. Certo non tutti i gusti sono di mio gradimento: ho apprezzato quella all’arancia per la sua freschezza, quella alla mela per la sua fraganza e quella al mirtillo per la sua delicatezza….ma per gli amanti dell’esotismo estremo c’è anche il gusto al goji, che ho imparato essere una miracolosa bacca tibetana con un contenuto di  antiossidanti pari a 4000 volte quello dell’arancia, oppure il più tradizionale gusto alla banana o il giovanile  fragola. La cosa strana di questa barretta è che, diversamente dalle altre, è morbida, mentre in genere le barrette sono croccanti, dure; inoltre proprio perché è a base di farina di soia, è adatta anche alle persone affette da celicachia.


Se volete provarla in anteprima fate un salto al 7° piano della Rinascente in Piazza Duomo a Milano, troverete un coloratissimo corner-degustazione. Per comperarla dovrete però aspettare la primavera inoltrata, SOYJOY sarà infatti in vendita in selezionati bar di Milano. 
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150 anni per fare la spesa…….


Nel weekend ho visto una mostra che vi segnalo volentieri dal titolo FARE LA SPESA 1861 – 2011, Carte illustrate dalla collezione Rapisarda.
La collezione Rapisarda, con le sue 12.000 carte illustrate di uso quotidiano, è una fonte inesauribile di documenti, testimonianze ed immagini interessanti ma poco noti della storia italiana. La mostra propone al visitatore oltre 120 tra cartoline, etichette, figurine, locandine, ma anche periodici e libri che raccontano un gesto quotidiano, quello del fare la spesa, comune alla vita di ogni famiglia. Si inizia  con documenti che datano del 1861 relativi alle tante, forse troppe, monete esistenti negli staterelli pre-Unità d’Italia, e si continua con tutta una serie di illustrazioni e volantini dei mercati tra fine Ottocento e primo Novecento.

La storia scorre poi illustrando l’arrivo sul mercato degli alimenti in scatola, le prime réclame, la stagione eroica delle figurine, dei concorsi e dei premi per concludere con la “donna moderna” che attraverso i nuovi elettrodomestici a disposizione (il frigorifero a marca Fiat ad esempio) si affranca dalle fatiche domestiche. Quello affrontato dalla mostra è uno spaccato di vita italiana, fatto di ricordi, di souvenir e di citazioni che tante volte abbiamo sentito evocare dai nostri nonni o dai nostri genitori. 

La mostra è ospitata negli spazi del Cinema Arcadia di Melzo ed è stata prorogata sino al 17 marzo prossimo: fateci un giro, magari coglierete anche l’occasione per andare al cinema Arcadia, la prima struttura in Italia ad introdurre il concetto di multiplex, specializzato nell’alta definizione dell’audio e del video.
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Adiòs cucina molecolare…..

Credits: elBulliLa notizia della chiusura de elBulli, il ristorante 3stelleMichelin di Ferran Adrià sulla Costa Brava, era rimbalzata già un anno fa, nel gennaio 2010, ed aveva creato non poco scalpore perché non si capiva come un personaggio come Adrià, padre della cucina molecolare, a capo di un piccolo impero gastronomico, potesse pensare di chiudere la sua creatura di punto in bianco per due anni. Ad ottobre dello scorso anno, però, Telefonica, una delle società di telecomunicazioni più grandi al mondo, aveva annunciato « un’allenza » con Adrià per fare de elBulli un laboratorio creativo, ma i dettagli di questo, a dir poco singolare, accordo non erano stati svelati : si sapeva soltanto che Ferran Adrià sarebbe diventato una sorta di testimonial di Telefonica nel mondo, un pò come quelle attrici che prestano il loro volto a L’Oréal. E’ stato lo stesso Ferran, in occasione della manifestazione gastronomica più importante della Spagna, Madrid Fusion, a  spiegare ad una platea di giornalisti, addetti ai lavori o semplicemente appassionati che nel 2014, dalle ceneri del suo ristorante, nascerà la Fondazione elBulli. Allora la Fondazione non sarà un ristorante, quindi scartate a priori l’idea di poter prenotare un tavolo se mai ve ne fosse venuta la voglia; sorgerà dove attualmente si trova il parcheggio del ristorante, ospiterà l’immenso archivio fotografico e gastronomico de elBulli e sarà aperto al pubblico; ci sarà, inoltre, una sala cinema ed un laboratorio creativo in cui si alterneranno cuochi(of course ;-))), specialisti di internet e di comunicazione multimediale, scienziati….insomma si tratterà di una fondazione no profit, una sorta di Think Tank della creatività gastronomica ed il contatto quotidiano tra la fondazione ed il mondo esterno sarà assicurato proprio da Internet. Certo si prepareranno pure dei pasti sperimentali che potrebbero essere proposti ai visitatori per un periodo di tempo definito di volta in volta. L’ultimo aspetto della Fondazione- ha sottolineato Ferran Adrià- sarà l’impatto ambientale: lo stesso chef ha tenuto a precisare, infatti, che la forma dell’edificio ed i materiali impiegati per la costruzione e l’arredamento degli interni saranno eco-compatibili…….a questo punto penso che ci siano tutte le premesse perché Ferran Adrià faccia di questo nuovo progetto un ennesimo successo a livello mondiale.
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Identità Golose 2011: my top5 list


Scusate la latitanza ma ero ad Identità Golose 2011, uno degli appuntamenti più importanti per la ristorazione e la gastronomia nel panorama italiano . E’ stata la mia prima volta ad IG e mi sono avvicinata a questo rendez vous con la curiosità e l’eccitazione che caratterizza i bambini quando fanno le cose per la prima volta. L’edizione di quest’anno aveva come tema Il lusso della semplicità e questo filo conduttore lo si è ritrovato in tutti gli interventi a cui ho assistito: da quello di Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, due stelle Michelin, che partendo proprio dal concetto di semplicità e di ritorno alla tradizione ha realizzato un filmato tutto incentrato sulla conoscenza anche in materia di cibo che si tramanda di generazione in generazione…..oppure la semplicità dell’orticello campano di Gennaro Esposito, del ristorante Torre del Saracino– anche lui due stelle Michelin- o ancora l’intervento fuori programma di ieri pomeriggio di Aimo de Il luogo di Aimo e Nadia che ha ribadito, con la forza dei suoi 64 anni trascorsi dietro i fornelli, l’importanza dell’italianità e le meravigliose innovazioni che traggono spunto proprio dalla tradizione. Insomma nei due giorni passati ad IG, ho visto tante cose, assistito a molti interventi (non a tutti, sarebbe stato umanamente impossibile), assaggiato dei piatti deliziosi, imparato moltissimo e sono ritornata a casa con la mente, gli occhi ed il cuore carichi di momenti, frasi, espressioni indimenticabili.
E mentre rientravo ieri sera a casa, ho provato a fare una lista delle 5 cose che più mi sono piaciute:


1) Innanzitutto la Mielicromia……cos’è? Non si mangia ma si consulta. E si perché  Andrea Paternoster dei Mieli Thun ha presentato questo simpatico- come definirlo- libro, partendo dall’idea del pantonario: nella Mielicromia troverete il nome del fiore, il colore, il sapore e le sue sfumature, gli abbinamenti consigliati in cucina ed infine qualche curiosità…..insomma una guida completa all’utilizzo di questa meravigliosa materia prima nella cucina di tutti i giorni.  


2) Olio di pinoli di San Rossore di Pariani…..allora lo confesso, sino ad ora quando volevo comperare degli olii particolari che nn fossero il tradizionale olio d’oliva, andavo su qualche sito di e-commerce francese e facevo incetta. L’olio di pinoli di San Rossore è italiano al 100%, derivato da una prima spremitura a freddo ed assolutamente incredibil, e poi il mio viaggio negli olii è continuato con la degustazione di un olio di nocciole IGP del Piemonte che da veramente l’idea di avere in bocca le nocciole, dal gusto tondo e morbido.


3) Atsina Cress: e che è ’sta robba ? Si mangia ed è buonissima. Si tratta di un micro ortaggio dal netto sapore di anice e di liquirizia utilizzato in cucina per accompagnare gelati oppure stuzzichini.  E poi c’è l’Honny Cress dall’inconfondibile sapore di miele oppure il Rock Chives per gli amanti dell’aglio. Sono tutti micro ortaggi prodotti dalla Koppert Cress, peccato solo che non si trovano normalmente in commercio ma occorra ordinarli.


4) I piatti e le posate di IG….si perché quest’anno tutti gli accessori utilizzati per i servizi di catering erano ecologici , 100% biodegradabili, realizzati con materiali naturali o poveri come il bambou, la foglia di palma, l’amido dei cereali e del mais. Complimenti anche al pensiero ecologico!

5) Il datterino di Scicli, slurp slurp, dolcissimo, coloratissimo anche se non proprio a km 0, gustato con un semplice pesto di finocchietto selvatico.
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